
Angus Mc Og, folk-trovatori e quarti “tra cotanto senno”
Che la canzone abbia preso il posto che fu della poesia, è una tesi che non mi trova concorde. Però è diffusa, e tocca farci i conti. Per questo mi ha entusiasmato quando Antonio Tavoni, leader e autore della band Angus Mc Og, nonché amico di vecchia data, mi ha rivelato che il nuovo disco al quale stava lavorando avrebbe avuto il titolo Arnaut.

Non mi ha lasciato nel dubbio neanche un secondo: si tratta proprio di quell’Arnaut, Daniel, il trovatore provenzale considerato tra i costruttori della lirica come la conosciamo oggi.
Questo omaggio mi ha fatto piacere, perché intitolare esplicitamente un disco a un poeta significa riconoscere la diversità delle due cose – componimento musicale e poesia – e pagare un debito di ispirazione alle buone letture che aiutano un processo creativo a innescarsi.
D’altronde Arnaut (uscito il 15 febbraio scorso) è un disco pieno di riferimenti letterari. E questo mi piace, non tanto per la soddisfazione partigiana che mi procura, ma perché denota un esplicito tentativo di confronto che supera, almeno per un poco, i recinti del singolo linguaggio per aprire l’immaginazione ad altro.

E che altro! Da Arnaut Daniel si passa a T.S. Eliot, con l’ombra di Dante incombente a chiudere un triangolo di citazioni master class.
«O frate», disse, «questi ch’io ti cerno
col dito, – e additò un spirto innanzi, –
fu miglior fabbro del parlar materno.[1]
Il “miglior fabbro” richiamato da Dante è proprio Daniel; ma la stessa locuzione si ritrova nella dedica de La Terra desolata, con riferimento a Ezra Pound questa volta. E The fire sermon è sia il titolo di un brano del disco che di una delle sezione del capolavoro eliotiano.
E non vale tanto la pena fare un elenco degli omaggi letterari e musicali contenuti in Arnaut, quanto ricordare che si tratta di un disco di rock-folk moderno, sull’onda delle cose migliori che il genere passa in questi anni, da Bonnie Prince Billy a Wilco, da Bon Iver a Iron and Wine, senza tralasciare i maestri “classici” come Neil Young e Nick Drake. Dieci pezzi dal marcato aspetto di live tracks, cantati in inglese: forse gli Angus Mc Og sono davvero un po’ nipotini di Arnaut Daniel, poeta e musico itinerante come i nostri, e scrittore che si esprimeva in una sorta di esperanto dell’epoca, il provenzale, proprio come oggi gli Angus Mc Og scelgono di utilizzare la moderna lingua globale – trattandola con tutti i riguardi, vista la cura compositiva dei testi.
Non mi rimane che utilizzare le parole che il nostro trovatore scrisse per parlare di sé e della sua fabrica di versi, per mandare un “in bocca al lupo” agli amici Angus Mc Og:
En cest sonet coind’e leri
fauc motz e capuig e doli, e serant verai e cert quan n’aurai passat la lima; qu’Amors marves plan’e daura mon chantar que de lieis mueu qui pretz manten e governa. |
Sopra un’aria gaia e leggera
faccio parole, le sgrosso e le piallo, e avranno forma definita e vera quando le avrò lisciate con la lima; è Amore che, sollecito, ogni rima mi leviga ed indora, è lei che ispira il canto, lei guidata dal Pregio che le sta sempre accanto.[2] |
[1] Dante Alighieri, Purgatorio, XXVI, 115-117;
[2] Arnaut Daniel, Sirventese e canzoni, trad.it. Fernando Bandini, Torino, Einaudi, 2000, pp. 44-45.
